Il corso, organizzato dal Parco Gran Sasso-Laga nell’ambito del progetto LIFE ANTIDOTO, è stato tenuto da esperti spagnoli della Regione Andalusia e della Guardia Civil (sezione SEPRONA) con competenze multidisciplinari ed esperienze di lunga data sul fenomeno dell’uso dei bocconi avvelenati.
Il corso ha registrato oltre 200 partecipanti, provenienti da ben 13 regioni italiane ed appartenenti, per la maggior parte, al Corpo Forestale dello Stato ed alle Polizie provinciali; numerosi anche i veterinari di Istituti Zooprofilattici Sperimentali ed il personale di parchi nazionali e regionali.
La grande partecipazione ha dimostrato, così come era già stato rilevato nel corso di altre iniziative realizzate nei passati cinque anni di attuazione del progetto LIFE ANTIDOTO, che il tema dell’avvelenamento della fauna risulta di grande interesse e che gli organi di polizia hanno la necessità e la volontà di dotarsi di conoscenze e strumenti idonei a fronteggiare quella che è una piaga comune e diffusa in tutta Italia.
Iñigo Fajardo (zoologo, coordinatore della Strategia Andalusa contro il Veleno e responsabile dell’Unità Forense di Supporto) ha introdotto al ruolo delle scienze forensi ed ha indicato gli elementi che, di fronte ad un animale in difficoltà o morto, fanno sospettare un caso di avvelenamento. Ha, inoltre, illustrato come la psicologia forense possa ricoprire un ruolo importante nelle indagini sui reati contro la fauna.
Quest’ultimo argomento è stato ripreso da José Antonio Alfaro (Tenente Capo della sezione SEPRONA della Guardia Civil) che ha spiegato l’importanza di saper tracciare, di volta in volta, il profilo psicologico dell’avvelenatore, anche con l’ausilio di quanto può emergere dalla comunicazione non verbale. Ha, inoltre, illustrato le modalità con cui si conduce un’efficace ispezione visiva, elemento cardine per il buon esito delle indagini.
Irene Zorrilla (biologa e veterinaria, Direttore del Centro di analisi e diagnostica della Junta de Andalucía) ha affrontato le tematiche correlate ai protocolli da adottare a livello veterinario ed ha fornito un quadro delle sostanze tossiche maggiormente utilizzate per l’avvelenamento della fauna, analizzando le loro peculiarità analitiche e forensi.
Interessanti argomentazioni sono state presentate da Francisco Velasco (Capo del gruppo di investigazione SEPRONA della Guardia Civil) in relazione alle analogie che possono emergere tra crimini contro le persone commessi da delinquenti seriali e modus operandi degli avvelenatori. E’ stata inoltre sottolineata l’importanza che rivestono l’elaborazione dei profili geografici e l’impiego di strumenti e tecniche di polizia scientifica, alcuni dei quali particolarmente sofisticati, per risolvere i casi di avvelenamento.
Tale importanza è emersa anche dall’analisi di alcuni casi di avvelenamento risolti in Andalusia che sono stati esposti da Antonio Ruiz (tecnico coordinatore dei nuclei investigativi della Strategia Andalusa contro il Veleno), che ha anche illustrato le modalità operative dei gruppi multidisciplinari che operano nella regione spagnola per contrastare l’uso del veleno (tra i quali le “Brigadas de Investigación de Envenenamiento de Fauna” BIEF e la “Unidad Forense de Apoyo” UFOA) ed i meccanismi di coordinamento tra i vari soggetti coinvolti.
I partecipanti hanno molto apprezzato la giornata sul campo che si è svolta il 7 marzo, supervisionata da Laureano Infante (Agente Ambientale della Junta de Andalucía e membro dell’Unita Forense di Appoggio), e che è stata dedicata alla simulazione di casi di avvelenamento, consentendo di mettere in pratica quanto era stato appreso durante la sessione teorica del corso.
Quello dell’Andalusia è senz’altro un esempio virtuoso da seguire: basti pensare che, nell’arco di meno di dieci anni, la Junta de Andalucía è riuscita a dimezzare il numero di casi di avvelenamento in un vasto territorio nel quale, a causa dell’uso massivo e scellerato del veleno, si era estinto l’avvoltoio gipeto ed altre specie di rapaci, tra le quali il capovaccaio, avevano subito un drammatico declino che pareva inarrestabile.
L’esperienza raccontata dagli esperti spagnoli ha fotografato una realtà difficile e spesso tragica ma ha anche dimostrato inequivocabilmente che, con la volontà politica e con risorse umane ben motivate e formate, si può riuscire ad affrontare la problematica in maniera molto efficace.
E’ quello che, in Italia, ha fatto il Parco Gran Sasso-Laga con il supporto del Corpo Forestale dello Stato attuando il progetto LIFE ANTIDOTO, che, a pochi giorni dalla sua chiusura, traccia un ultimo cammino perché in altre realtà italiane si possa lavorare con risolutezza a fronteggiare l’uso dei bocconi avvelenati.