Nella prima parte del convegno gli interventi dei relatori (Dott.ssa Rosalba Matassa, Ministero della Salute; Capitano Pietro Della Porta, Carabinieri per la Tutela della Salute; Dott. Rosario Fico, IZS Lazio e Toscana; Luciano Sammarone, CFS) hanno portato all’attenzione dei partecipanti le principali criticità che rendono estremamente complesso ed arduo contrastare l’avvelenamento della fauna, tra le quali spiccano la difficoltà di emersione di questo reato, la scarsità di strumenti per individuare i colpevoli e la scarsa ottemperanza delle disposizioni normative in vigore.
Varie presentazioni hanno sottolineato come l’Ordinanza Ministeriale 18 febbraio 2008 e le sue successive modificazioni e integrazioni, che costituisce il primo provvedimento a livello nazionale specificatamente emanato dal Ministero della Salute per combattere il problema dell’uso dei bocconi avvelenati, sia largamente disatteso dai vari soggetti che sarebbero, invece, investiti di precisi compiti.
Raramente i Sindaci intervengono tempestivamente di fronte alla segnalazione dei casi di sospetto avvelenamento, avviando, come dovrebbero, le indagini e la bonifica del territorio e provvedendo alla segnalazione del pericolo nelle aree interessate.
Non sempre i veterinari liberi professionisti segnalano i casi di sospetto avvelenamento, impedendo così l’avvio delle indagini e l’attuazione di bonifiche che potrebbero eliminare bocconi e carcasse presenti nell’ambiente, salvando la vita ad altri animali.
Accade frequentemente, inoltre, che gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali inoltrino i risultati delle necroscopie e delle analisi di laboratorio ad ASL, Sindaco ed autorità giudiziaria ben oltre i termini previsti dall’O.M.
Queste omissioni ed inosservanze sembrano scaturire dalla scarsa conoscenza dell’ordinanza, dalla scarsa sensibilità alla problematica e anche dal fatto che le pene, seppure previste, non vengono comminate.
E’ stato anche sottolineato come siano poche le Prefetture che hanno attivato il tavolo di coordinamento previsto dall’O.M.
Altri punti critici sottolineati nel corso degli interventi sono stati la difformità delle metodiche analitiche impiegate nei vari Istituti Zooprofilattici e lo scarso impegno talora profuso dalle forze di polizia nello svolgimento delle indagini.
Da non dimenticare, inoltre, che l’OM decadrà nel 2014 e che sarebbe auspicabile una sua tempestiva traduzione in Legge dello Stato.
Due esperti della Regione Andalusia (Antonio Ruíz ed Antonio Valero) hanno sottolineato come l’uso del veleno sia una pratica largamente diffusa in Spagna e che assesta gravi colpi alla conservazione di molte specie di rapaci necrofagi (in particolare gipeto, aquila imperiale iberica, capovaccaio e nibbio reale) nonché alla sopravvivenza della lince iberica, un raro felino endemico della penisola iberica.
Il giro di vite nella lotta all’avvelenamento la regione Andalusia lo ha dato, a partire dal 2004, con l’attuazione di una strategia che prevede ben 61 diverse misure di contrasto. Tale strategia ha portato ad una riduzione dell’uso del veleno del 50% nell’arco di meno di 10 anni.
Unità cinofile antiveleno per la ricerca dei bocconi e carcasse avvelenati e team specializzati composti da agenti di polizia, tecnici e biologi, hanno permesso di giungere all’individuazione ed alla condanna di vari responsabili di episodi di avvelenamento.
Oltre a sanzioni penali rilevanti ed a pesantissime sanzioni pecuniarie, stanno contribuendo a ridurre il fenomeno anche pene accessorie molto efficaci come la chiusura delle aziende faunistico venatorie nelle quali vengano rinvenuti bocconi avvelenati o carcasse di animali avvelenati.
Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dal canto suo, ha presentato una Strategia contro l’uso del veleno in Italia (Monica Di Francesco, Ente Parco Gran Sasso-Laga), affiancata da una proposta di legge che è stata elaborata con il contributo di vari esperti (Guido Ceccolini, Biodiversità sas) e che, tra le altre misure, propone di:
L’importante ruolo che giocano i nuclei cinofili antiveleno nella lotta all’uso del veleno, più volte ribadito, è stato oggetto di una dettagliata presentazione (Anna Cenerini, Ente Parco Gran Sasso-Laga) nella quale è stato sottolineato come i Nuclei abbiano un ruolo basilare per conoscere se, come e quando l’uso del veleno sia diffuso in un territorio. Essi, infatti, riescono ad individuare carcasse e bocconi avvelenati che, a vista, non potrebbero mai essere rilevati. Gli NCA riescono a bonificare con efficacia e rapidità i territori interessati da spargimento di bocconi tossici, evitando ulteriori episodi di avvelenamento “secondario”. Inoltre gli NCA svolgono un ruolo di costante presidio del territorio e possono essere impiegati in perquisizioni di edifici ed automezzi giocando, così, un efficace effetto dissuasorio. Sono state fornite anche indicazioni pratiche su come poter attivare un Nucleo Cinofilo Antiveleno e su quali altre misure intraprendere per potenziare il loro ruolo preventivo e deterrente.
La Sovrintendente Alessandra Mango del Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato per il Parco Gran Sasso-Laga ha illustrato le tappe che hanno portato all’attivazione, grazie al progetto LIFE ANTIDOTO, dei due Nuclei Cinofili Antiveleno operanti dal 2010 nel Parco Gran Sasso-Laga, in collaborazione tra Ente Parco e CFS, in particolare:
Infine sono stati descritti i più interessanti casi di avvelenamento riscontrati in Abruzzo dai due Nuclei, poi trattati in maniera più approfondita anche dal veterinario della ASL dell’Aquila dott. Livio Giammaria nel suo intervento.
Ha chiuso il convegno la presentazione di due allevatori e tartufai toscani (Alessandro Poggini e Giacomo Guarguaglini) che, desiderosi di mettere un freno alla barbara pratica dell’uso dei bocconi avvelenati che colpisce frequentemente anche i cani da tartufo, hanno fondato l’associazione DAW, Dog at Work dopo aver partecipato ai due corsi di formazione per Nuclei Cinofili Antiveleno organizzati dal Parco Nazionale Gran Sasso-Laga nel 2011 e nel 2012. I due allevatori-tartufai stanno portando avanti l’addestramento di due cani per la ricerca del veleno ed auspicano una regolamentazione normativa che permetta loro di poter collaborare a breve con enti e corpi di polizia locali nella lotta all’uso del veleno.
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