Home Le specie I rapaci necrofagi Il nibbio bruno

[Milvus migrans]

 

Carta d’indentità

Nibbio bruno (foto M. Mendi)
Nibbio bruno (foto M. Mendi).

Apertura alare: 140- 150 cm.

Piumaggio dell’adulto: scuro, con punta delle ali nera, coda leggermente forcuta.

Silhouette: ali larghe ed acute, coda meno forcuta del nibbio reale.

Ambiente: aree aperte con presenza di boschi e grandi alberi, nei paraggi di corsi d’acqua o laghi.

Nidificazione: su alberi. Per costruire il nido utilizza rami, stracci ed anche pezzi di plastica ed altri rifiuti.

Cibo: pesci morti, altre carogne, rifiuti, piccoli mammiferi (soprattutto topi ed arvicole), insetti, pesci, uccelli.

Uova: 1-3.

Presenza: in primavera-estate.

 

Distribuzione e status

Il nibbio bruno è una specie con un areale molto vasto in Europa, dove attualmente si stima la presenza di 64.000-100.000 coppie.

Nella Lista Rossa dell’IUCN -Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (2008)- la specie figura come “Vulnerabile” perché sta registrando un declino di circa il 30% nell’arco di tre generazioni.

 

In Italia

In Italia la specie appare stabile o in leggera espansione con circa 700-1.200 coppie.

Presenta un areale frammentato con quattro principali nuclei di distribuzione: le regioni prealpine, la fascia costiera maremmana e laziale, le aree interne dell’Italia centrale in prossimità dei laghi (Toscana, Lazio e Umbria) e l’Italia meridionale (Campania, Basilicata, Calabria ionica e Puglia).

 

In Spagna

La specie è catalogata come “quasi minacciata” nell’ultimo libro rosso perché sembra aver subito un calo di circa il 10% nelle ultime tre generazioni. Le coppie riproduttive stimate sono, secondo il Libro Rosso, non superiori a 5.000 mentre secondo stime più recenti si hanno valori molto più alti, attorno alle 9.500-11.000.

La specie è distribuita soprattutto nella Spagna settentrionale ed occidentale.

 

Minacce

La principale minaccia per la specie è il veleno. Altre minacce sono rappresentate dall’inquinamento delle acque, dall’uso di pesticidi e rodonticidi, dall’elettrocuzione, dagli impianti eolici, dal bracconaggio e dalla minor disponibilità di cibo legata anche alla chiusura di discariche e dei luoghi, in Spagna, dove gli allevatori erano soliti smaltire i capi di bestiame morti, chiamati muladares o vertederos.