Il giorno 11 dicembre 2009 si è svolto presso il Centro per le Acque di S. Pietro di Isola del Gran Sasso (TE) un workshop finalizzato a gettare le basi per la stesura della “Strategia contro l’uso del veleno in Italia”.
Sono stati invitati a partecipare all’evento i parchi nazionali italiani ed altri soggetti coinvolti a vario titolo nel problema dell’uso illegale del veleno come gli istituti zooprofilattici, il Corpo Forestale dello Stato ed i veterinari delle ASL.
All’introduzione del Coordinatore tecnico-amministrativo del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dott. Marcello Maranella, ha fatto seguito l’intervento della dott. Anna Cenerini e della dott. Monica Di Francesco che si è incentrato sulle azioni cardine del progetto LIFE ANTIDOTO, vale a dire l’utilizzazione di Nuclei Cinofili Antiveleno e la redazione della Strategia contro l’uso del veleno in Italia, che si pone due obiettivi principali: quello di fare il punto sulla situazione dell’uso del veleno in Italia e quello di redigere delle linee guida omogenee per affrontare il fenomeno sia a livello preventivo che repressivo.
Il dott. Fernando Ortega, della Junta de Andalucía, ha illustrato nel dettaglio la strategia che viene attuata in Andalusia contro una minaccia gravissima alla conservazione di numerose specie di animali necrofagi e che da molti anni vede impegnata l’amministrazione andalusa. L’attività dei due Nuclei Cinofili utilizzati in Andalusia è stata descritta dal dott. Antonio Ruiz, che ne ha spiegato i risultati, davvero confortanti, sin qui ottenuti grazie al perfetto addestramento dei cani ed al costante lavoro di monitoraggio del territorio e di investigazione.
Il Dott. Umberto Di Nicola, veterinario del PNGSML, ha messo in rilievo alcuni casi di avvelenamento verificatisi nei parchi nazionali ed indicato alcune proposte operative per migliorare il controllo del territorio e la prevenzione del fenomeno, mentre la dott. Pina Leone, del PNGSML, ha suggerito l’approccio della disciplina della “Human dimension”, cioè della concertazione con i gruppi di interesse per favorire l’accettazione di misure gestionali e quindi evitare la nascita di conflitti, potenziale fonte dell’uso del veleno.
La dott. Livia Mattei, dirigente dell’Ufficio Territoriale per la Biodiversità del CFS de L’Aquila, ha illustrato il protocollo messo in atto nel caso di rinvenimento di fauna morta per sospetto avvelenamento e sottolineato come la presenza di un protocollo operativo e di una stretta sinergia tra vari soggetti sia indispensabile per giungere a risultati positivi.
Il dott. Rosario Fico, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, ha spiegato il fondamentale ruolo giocato dalla medicina forense veterinaria nei procedimenti giudiziari grazie alle informazioni che, al pari di quanto fatto dalla polizia scientifica, vengono raccolte nelle fasi di analisi della scena del crimine, di necroscopia, di analisi di laboratorio e genetiche allo scopo di risalire all’identità dell’avvelenatore.
La dott. Rosalba Matassa, dirigente del Ministero della Salute, ha esaminato nel dettaglio l’Ordinanza ministeriale del 18 dicembre 2008 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali (G.U. del 17 gennaio 2009 n. 13) “Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati”, modificata con l’ordinanza del 19 marzo 2009 (G.U. 4 aprile 2009 n. 79).
Gli interventi del dott. Marco Panella, funzionario dell’Ufficio per la Biodiversità del CFS, e dell’avvocato Michele Pezone, hanno fatto emergere le carenze legislative che ostacolano o impediscono la condanna degli avvelenatori.
Nell’ambito della tavola rotonda è stato suggerita l’ipotesi di introdurre anche forti sanzioni amministrative. Questo tipo di sanzioni, infatti, essendo di più veloce applicazione e con una ricaduta economica immediata potrebbe rappresentare un’efficace alternativa alle (poco incisive e lente) sanzioni penali.
E’ altresì stata sottolineata dal dott. Pezone la necessità che l’iter giudiziario sia avviato con le modalità corrette da parte del personale di polizia giudiziaria per evitare che eventuali errori di procedura possano compromettere l’esito del procedimento. Particolare attenzione deve essere tenuta nell’avvisare immediatamente il Pubblico Ministero (comunicazione di notizia di reato contro ignoti o ad personam) in modo tale che questo possa ordinare la consulenza tecnica sul corpo del reato e la custodia giudiziaria dello stesso (irripetibilità della prova); nel caso in cui la denuncia fosse già o diventi “ad personam” il PM potrà darne comunicazione immediata all’indagato (convocazione dell’indagato e del difensore), evitando che il difensore possa invalidare il procedimento.
L’avv. Pezone ha anche ricordato che nei casi di avvelenamento della fauna selvatica e domestica possono essere applicati vari articoli del codice penale tra i quali il 544 bis e ter nonché gli art. 674 e 440.
Gli interventi presentati nell'ambito del workshop sono scaricabili alla pagina Documenti